“Nell’area piccola sono tutte tue” è la frase che si sente spesso pronunciare riferendosi al Portiere. Chi lo fa non si è però mai messo a riflettere sulla fattibilità di una tale affermazione. Si inizia a giocare a 11, quindi in un campo regolamentare, dalla categoria Giovanissimi 1° anno o Under 14. L’area di porta, comunemente chiamata area piccola, misura 18,32 m di larghezza per 5,50 m di profondità per una superficie di 100,76 m² che il portiere dovrebbe eleggere a proprio dominio incontrastato secondo questo luogo comune. I palloni su cui intervenire non sono esclusivamente rasoterra ma anche aerei, considerando riduttivamente un’altezza di intervento di 2,44 m (altezza porta), otteniamo uno spazio di circa 245,85 m³. In fase di allenamento, nella parte didattica di tecnica analitica, questo è parzialmente perseguibile in quanto non ci sono compagni ed avversari ad ostacolare il movimento del portiere nella sua azione ma deve “solo” valutare la traiettoria e la velocità della palla per decidere (valutazione\decisione) dove andare ad effettuare la presa. Se consideriamo una posizione di attesa aggressiva a circa metà della profondità dell’area piccola ed un pallone che finisce nella sua traiettoria aerea sul vertice dell’area di porta abbiamo una distanza di circa 9,5 m da coprire; considerando che il record mondiale maschile dei 100 metri piani è di 9″58, (stabilito dal giamaicano Usain Bolt ai campionati del mondo di Berlino 2009) ci possiamo benissimo rendere conto che in meno di 1” il portiere dovrebbe analizzare, valutare, reagire e intervenire, cosa già difficile su una palla frontale, figuriamoci su una palla lunga sulla quale deve eseguire una corsa con la testa rivolta in una direzione diversa. Quando alla esercitazione tecnica aggiungiamo giocatori passivi, semi-attivi e attivi nella progressione didattica dal facile al difficile il portiere si trova ad aumentare i dati da analizzare, le varianti a cui far fronte nella sua azione e la reale e concreta possibilità di dover adattare e modificare la scelta iniziale come conseguenza dei movimenti degli altri giocatori. La progressione didattica terminerà quindi con esercitazioni situazionali nelle quali ci saranno compagni ed avversari che attueranno blocchi difensivi, elusioni di marcatura e finte che innalzeranno ulteriormente la difficoltà di valutazione del Portiere e del suo processo di Percezione\Analisi\ Decisione\Azione e di conseguenza il tempo complessivo a disposizione per un intervento efficace. A tutto quanto sopra esposto va aggiunta la valutazione che dobbiamo fare delle capacità coordinative, motorie, condizionali e tecniche del giocatore. Facciamo un’analisi critica del nostro operato: abbiamo lavorato su questi campi o li abbiamo sottovalutati? Se il giocatore ha deficit coordinativi, motori, condizionali o tecnici, vanno prima risolti questi per potergli poi chiedere di muoversi attraverso uno spazio in relazione a delle persone in movimento e ad un pallone che si sposta in uno spazio tridimensionale aereo con pochi riferimenti di valutazione della sua traiettoria e velocità e che varia anche in funzione delle condizioni metereologiche. Non ultimo è da tenere in considerazione il tempo dedicato alla formazione del Portiere che, spesso in realtà dilettantistiche non ha nemmeno una persona dedicata alla sua formazione e quando ce l’ha non ha la possibilità di un allenamento dedicato ma lavora a singhiozzo in quanto l’allenatore del gruppo continua a distrarlo dal preparatore perché gli serve per eseguire un esercizio della squadra. Lasciamo quindi da parte questi luoghi comuni e scegliamo la strada del metodo, della pazienza, del volume del vissuto. Aumenta la consapevolezza degli allenatori dell’importanza di un lavoro sinergico e coordinato con il preparatore dei portieri e questo non può che far bene alla crescita di tutti.
20 aprile 2019
Massimo Cicerchia